Pubblicato il: 12/02/2019   

"Ringrazio tutti i presenti per la partecipazione di questa mattina.

È bello vedere L’Auditorium pieno per questa occasione, e mi piace soprattutto vedere tra il pubblico tanti giovani, tanti studenti. Queste cerimonie istituzionali perderebbero di significato senza la vostra presenza. Ho sempre creduto nell'importanza di studiare la Storia, che non è un “racconto speciale” tra gli altri, come pensavo da piccolo: conoscerla è fondamentale, per capire chi siamo e per non rimanere sospesi sulla superficie degli eventi. Oggi da Sindaco avverto ancora più forte il dovere morale da parte delle Istituzioni di farsi testimoni e paladini della memoria storica. Amministrare una comunità richiede anche un impegno in termini culturali: serve recuperare un patrimonio comune di esperienze, anche di sofferenze e tappe di crescita. Se vogliamo fare qualcosa di buono per la nostra città, dobbiamo anzitutto capire chi siamo, da dove veniamo, cosa ci unisce, cosa ci ha separato e cosa ci può far riavvicinare.

Meno di due settimane fa con molti di voi ci siamo trovati alla cerimonia per la posa delle Pietre d'inciampo, in occasione del Giorno della Memoria, per ricordare la famiglia Gani, di origine ebraica, rifugiatasi a Seregno nel 1943, arrestata nel 1944 e poi uccisa nei campi di concentramento. In quella occasione ho sottolineato l'importanza di un inciampo visivo e poi mentale, emotivo e culturale che ci richiami costantemente alla necessità di preservare valori come la pace e la libertà, la democrazia e la giustizia. Oggi siamo qui per un'altra commemorazione: diversa per gli avvenimenti a cui si riferisce, per quanto temporalmente vicini, ma identica nello spirito e nelle finalità. Il Giorno del Ricordo non è in contrapposizione con il Giorno della Memoria; non sono mancati, purtroppo, in questi anni, nel nostro Paese, tentativi di depotenziare l'uno o l'altro per piegarlo a sentimenti di parte e a risentimenti mai sopiti. Ciò non deve assolutamente avvenire, perché significherebbe cadere in una spirale di sterile faziosità, di antagonismi ideologici che - la Storia lo dimostra - trascinano con sé incomprensioni, divergenze, intolleranze e vendette.

Il Giorno del Ricordo è stato istituito con legge del Parlamento italiano per colmare un grave vulnus nella nostra memoria di popolo; c'era necessità di fare luce su una inquietante zona d'ombra della nostra storia, c'era necessità di restituire dignità a tante vittime di una vicenda che arriva tardi ad occupare ufficialmente il dibattito storico-politico, ovvero la tragedia degli infoibati e degli esuli istriani. L'efferatezza di quegli eccidi e di quelle persecuzioni fu drammatica e le proporzioni della tragedia non lasciano indifferenti: oltre 10.000 italiani gettati, sia vivi che morti, tra il 1943 e il 1947, nelle cavità carsiche denominate appunto “foibe”. Una conformazione naturale di quella porzione di territorio che ha costituto una tomba a cielo aperto per migliaia e migliaia di vittime, trucidate per motivi che nessuna umana ragione potrebbe mai lontanamente giustificare. Fu pulizia etnica, fu vendetta contro coloro che non sposavano una determinata ideologia, fu vero e proprio odio fomentato sulla base degli avvenimenti e degli epiloghi della seconda guerra mondiale che però non trova alcuna legittimazione nella divisione tra vinti e vincitori.

La data in cui cade ufficialmente il Giorno del Ricordo - il 10 febbraio - richiama quella della firma del trattato di pace con cui l’Italia, nel 1947, cedette alla ex Jugoslavia l’Istria e la Dalmazia. Da quel momento 350.000 italiani si trasformano in esuli e per di più in esuli senza patria: in Italia l’accoglienza è tiepida, vengono quasi ignorati. Eliminare la coltre di silenzio e indifferenza per la vicenda delle foibe e degli esuli italiani è un obbligo morale e solidaristico per le vittime, ed è importante per noi conoscere una fase della nostra storia che certo non fu edificante ma che va conosciuta, analizzata, metabolizzata ed elaborata in termini di crescita etica, civica e socio-culturale, dopo un periodo di oblio.

Questo momento serve perchè l’Italia di oggi sia un Paese diverso, in grado di fare i conti con ogni passato, a volte pieno di contraddizioni, di lacerazioni, di sospetti e di diffidenza. Ne abbiamo parlato due settimane fa, ricordando la famiglia Gani, catturata proprio in seguito ad una segnalazione fatta da cittadini seregnesi come noi. Ricordare serve a rimanere vigili e preservare i baluardi della nostra civiltà, per essere coscienti e consapevoli della nostra identità storico-culturale, del nostro patrimonio di valori che non è intrinseco alla natura umana ma frutto di un lunghissimo e doloroso percorso di conquiste storiche e giuridiche. Sapere chi siamo è il presupposto per vivere appieno le nostre vite, per apprezzarle fino in fondo, per essere grati e riconoscenti a chi ci ha permesso di nascere in un mondo molto diverso, fortunatamente, da quello che i nostri nonni, forse per alcuni di voi i bisnonni, hanno vissuto e sofferto. L’ho detto anche in altri contesti: veniamo da 70 anni di pace in Europa occidentale, il periodo più lungo della nostra storia. Ricordo bene un leader europeo che nel 2011 in un meeting disse che non dobbiamo assolutamente dare per scontati altri 50 anni di pace in Europa. Ha ragione, ne sono convinto. Nel momento in cui diciamo che certi eventi o temi “non ci riguardano”, ecco che dobbiamo iniziare a preoccuparci.

Grazie a tutti voi presenti, in particolare alla rappresentanza della Associazione Nazionale e Venezia Giulia e Dalmazia Comitato di Monza e Brianza che ci ha accompagnato in questa cerimonia e sarà protagonista del momento più importante del giorno, con la propria testimonianza. E grazie a chiunque è partecipe, anche solo con il pensiero, alle commemorazioni odierne. A breve si apriranno le quinte su uno spettacolo teatrale che non ci lascerà indifferenti. Per tutti noi valga l'impegno a non farle richiudere, a non chiudere le nostri menti e i nostri cuori dinanzi alla memoria storica, nostra unica e autentica àncora di salvezza rispetto al pericolo di ricadere in quanto accaduto".

Alberto Rossi - Sindaco

Seregno (L'Auditorium - piazza Risorgimento), 08/02/2019