Pubblicato il: 22/03/2019   

"Buongiorno a tutti e grazie per la vostra partecipazione.
Il bellissimo corteo tricolore che abbiamo appena svolto, tutti insieme a sostenere la nostra amatissima bandiera, rappresenta il significato di questa manifestazione.
Come sapete, siamo qui a festeggiare la proclamazione dell’unità d’Italia, che avvenne nel 1861, quindi 158 anni fa. La data esatta di questa ricorrenza sarebbe il 17 marzo, giorno in cui venne appunto proclamato il Regno d’Italia, ma l’Amministrazione Comunale ha preferito organizzare l’evento in una mattina in cui potessero essere presenti anche alcune rappresentanze delle scuole.
D’altronde è proprio a voi bambini e ragazzi che ci vogliamo rivolgere.
Senz’altro i vostri insegnanti vi avranno preparato, e magari qualcuno, tra i più grandi di voi, l’avrà già studiato: l’Italia non è sempre stata come oggi la conosciamo, una repubblica democratica, un Paese unito dalle Alpi fino alle isole meridionali. Eravamo un popolo perché, al di là dei numerosi dialetti che venivano parlati lungo la penisola, avevamo molto in comune rispetto a lingua e cultura, così come le nostre radici storiche. Però eravamo frammentati in molti Stati e staterelli, divisi sulla carta in un gioco di potere tra regnanti diversi.
Quello che allora è successo è stato davvero straordinario: anche sulla base del sentimento popolare, fu avviato un percorso di unificazione che portò, non senza fatiche e ostacoli, alla formazione di uno Stato unitario, una grande casa comune che doveva essere per la verità costruita, abbellita, migliorata, ma di cui furono almeno gettate le fondamenta e le prime pietre.
Perché è importante ricordare il “compleanno” dell’Italia come Paese unito? Sicuramente perché attraverso la conoscenza del nostro passato possiamo capire meglio chi siamo noi oggi, la nostra identità, la nostra cultura. Il motivo principale per cui abbiamo deciso di celebrare questa festa istituzionale, però, risiede in un’altra ragione: vogliamo ricordare a tutti che è solo attraverso un percorso unitario, solo rimanendo insieme che possiamo far progredire il nostro Paese migliorando la nostra stessa qualità della vita.
Se è stato possibile portare fin qui questo lungo tricolore, lo dobbiamo alle tanti mani che lo hanno sorretto. La patria, appunto la nostra “casa comune”, non può e non deve vedere i propri concittadini l’uno contro l’altro. È all’interno di questa casa comune che abbiamo il dovere di confrontarci e di trovare dei punti di incontro e di mediazione tra posizioni e idee differenti. Un Paese che rimane unito, compatto, che non si lascia lusingare dalle sirene che lo vorrebbero ancora diviso, è un Paese più forte, più solido e solidale, più autorevole.
Ho praticato per tantissimi anni uno sport di squadra, come tanti di voi. Da lì ho imparato che come in una squadra si è in tanti e ognuno deve fare la propria parte nello schema di gioco per sperare di far vincere tutto il gruppo, al contrario quando ci si divide è molto facile perdere. Spesso le migliori vittorie nascono da gruppi solidi e coesi, le peggiori sconfitte da divisioni e diffidenze interne. Se rimaniamo uniti, pur con i litigi e gli scontri che possono verificarsi, la probabilità di poter raggiungere traguardi importanti si alzerà vertiginosamente.
Voler bene all’Italia non significa solo portarne la bandiera o tifare magari la nazionale agli appuntamenti sportivi internazionali. Chi vuole veramente bene all’Italia ne osserva le leggi, se ne fa testimone. Chi vuole veramente bene all’Italia fa di tutto per non offenderla, per non sporcarla, per non abbandonarla nel momento del bisogno. Chi vuole veramente bene all’Italia non rifiuta le altre persone perché provengono da terre lontane; anche gli italiani sono stati una popolazione di migranti e quanti se ne sono andati via dall’Italia in cerca di fortuna e di un lavoro, soprattutto agli inizi del Novecento! Chi vuole veramente bene all’Italia non rimane indifferente di fronte alle ingiustizie, all’illegalità, alla corruzione. Chi vuole bene all’Italia si indigna di fronte a simili ingiustizie e scorrettezze e si adopera affinché i diritti delle persone vengano rispettati. Chi vuole bene all’Italia cerca di risolvere i conflitti e le divergenze trovando un punto in comune, un comune obiettivo.
Se amiamo il nostro Paese, dobbiamo dimostrarglielo, e si può cominciare a farlo rispettando i valori della nostra Costituzione e la nostra città. Ad esempio avendo cura degli spazi pubblici, dei parchi e dei giardini, senza imbrattare o lasciarsi trascinare in atti di vandalismo. Un modo per voler bene all’Italia è anche quello di impegnarsi nello studio e sfruttare questa straordinaria opportunità della scuola e dell’istruzione, anche quando è faticoso: un dovere che è anche un diritto e viceversa. Nel 1861 alla vostra età pochissimi avevano modo di andare a scuola: era un lusso, non un diritto.
Chiudo ricordando l’autore delle parole del nostro inno nazionale, che a breve canteremo. Ne conoscete il nome, Goffredo Mameli, ma sapete quanti anni aveva quando compose il testo di quello che fu poi assunto a inno del nostro Paese? ... non aveva ancora compiuto 20 anni. Potrebbe essere oggi un vostro fratello, un vostro cugino. Mameli amava l’Italia e per l’Italia unita andò a combattere. Il suo ideale deve essere adesso fatto nostro: per il bene del nostro Paese dobbiamo proseguire lungo un cammino unitario.
Impariamo dunque a voler bene all’Italia e a diventarne cittadini responsabili e orgogliosi. Impariamo ad apprezzare ciò che l’Italia è diventata nel tempo, ma non dimentichiamoci che c’è ancora da fare, da correggere e da costruire. Andare avanti, verso un futuro migliore, o tornare indietro regredendo nelle conquiste ottenute e nei valori di riferimento, dipende anche da ognuno di noi".

Alberto Rossi - Sindaco