Pubblicato il: 23/05/2017   

 

Buongiorno a tutti e un sincero e affettuoso saluto a tutti voi, cari ragazzi, che anche quest'anno avete voluto partecipare alla cerimonia di commemorazione delle stragi di Capaci e via D'Amelio.

 

Ringrazio, naturalmente, le Autorità qui presenti, i Dirigenti Scolastici, i Docenti, le Famiglie e chiunque abbia avvertito il desiderio, in una ricorrenza così particolare come quella odierna, di testimoniare la propria vicinanza e solidarietà emotiva nei confronti delle vittime di due terribili attentati che hanno colpito al cuore la nostra democrazia, la nostra storia, la nostra cultura, la nostra stessa identità. Le bombe che deflagrarono il 23 maggio 1992, a Capaci, e il 19 luglio, a Palermo in via D'Amelio, appena 56 giorni dopo, non furono solo una terribile prova di forza e una vendetta della mafia contro chi, in qualità di tutore della legalità, cercava di estirpare le male radici di questo cancro secolare quale è la criminalità organizzata. Quelle bombe significarono molto di più: erano il segnale che la mafia voleva, e inquietantemente poteva, ferire mortalmente lo Stato nelle sue fondamenta giuridiche scagliandosi dall'interno delle sue stesse istituzioni, che quindi apparvero meno credibili, meno inviolabili, meno impermeabili ai tentativi di corruzione e di deragliamento dai binari della trasparenza e della democrazia. Se Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con le loro scorte, caddero per mano della mafia, va infatti ammesso che tutto ciò fu possibile, purtroppo, anche per la connivenza di segmenti deviati dello Stato.

 

Commemorare questo anniversario comporta quindi ricordare con forza la verità, con le luci e le ombre che la accompagnano. Sono vicende che peraltro presentano ancora numerosi margini di approfondimento giudiziario, storico e politico sebbene siano passati venticinque anni.

 

Venticinque anni, dunque, un lasso di tempo che a voi ragazzi sembrerà enorme; nessuno di voi c'era, nessuno di voi, quel giorno, ha visto in televisione le tragiche immagini dei servizi giornalistici; nessuno di voi ha potuto leggere a caldo i commenti dei testimoni e vivere la reazione di un Paese che rimase attonito e impietrito di fronte all'immensità di questa lacerazione sanguinolenta al corpo dello Stato.

 

Quelle esplosioni, avvertite quasi come una scossa di terremoto, scavarono crateri nella terra, bruciarono le auto, strapparono con brutalità alla vita uomini e donne di eccezionale levatura morale, di encomiabile rettitudine e dalla totale abnegazione per la propria missione e il proprio lavoro. Quelle esplosioni devono poter riecheggiare ancora ai nostri giorni e ancora per molti anni a venire perché è solo aggrappandoci strenuamente al valore della memoria che possiamo davvero sperare di cambiare il corso delle cose e di farlo virare verso il meglio, verso ciò che la nostra cultura giuridica ed etica ci ha insegnato essere giusto e meritevole di tutela.

 

La memoria, quindi, come antidoto contro il male, contro l'illegalità, contro la violenza. In questo impegno, che dovrebbe essere collettivo, globale, interistituzionale e, soprattutto, intergenerazionale, siamo tutti, ma dico TUTTI, chiamati in causa. Nessuno si senta escluso o immune, nessuno si senta al sicuro, perché è laddove si abbassa l'asticella dell'attenzione e del rigore che avanzano, come una gramigna nel terreno, le subdole sfumature dell'ingiustizia e dell'illegalità.

 

Garantire, ognuno nella propria sfera quotidiana, il rispetto delle regole; farsi portavoce e paladini di ideali universali che la Storia ha incastonato, al prezzo di non pochi sacrifici, nella nostra amata Costituzione; diventare noi, in qualche modo, la scorta di questi principi che, da Falcone a Borsellino in avanti, hanno continuato e devono continuare a camminare sulle nostre gambe; ecco, tutto ciò è il minimo che possiamo fare per dare un senso compiuto e realistico alle cerimonie di commemorazioni di simili avvenimenti.

 

Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità ed essere coerenti: coerenti con le sagge parole che predichiamo; coerenti con le nostre coscienze. Dobbiamo mantenere vigile lo sguardo sul mondo che ci circonda e non esitare a condannare le ingiustizie, gli errori e gli orrori a cui assistiamo. I magistrati Falcone e Borsellino, come tanti altri Servitori dello Stato, combattevano la mafia e le sue ramificazioni nel mondo della politica e degli affari, l’anti-Stato che rischiava e rischia di corrodere l’architettura del nostro Paese; noi, oggi, possiamo e dobbiamo combattere per il rispetto della regole, della democrazia, del valore della vita umana e della parità di diritti degli individui.

 

Se ci pensiamo bene, non è cosa da poco, né così facile e scontata. Ma se ognuno di noi facesse la propria parte, e tutti insieme costruissimo un grande mosaico composto da innumerevoli tasselli di comportamenti leciti e buone azioni, il beneficio per la collettività sarebbe di portata straordinaria e avremmo davvero saputo onorare con dignità e onestà intellettuale i nostri "martiri istituzionali".

 

Ecco perché, quest’anno come l’anno scorso, vi invitiamo ad appendere dei pensieri e delle riflessioni all’albero di Falcone: per iniziare l’opera di costruzione di un rinnovato impegno civico.

 

Grazie per la vostra cortese attenzione e siate sempre, nei prossimi venticinque anni, i custodi della memoria, della democrazia, della legalità e della verità.

 

Edoardo Mazza - Sindaco di Seregno

(Seregno, Parco "Falcone - Borsellino" - 23 maggio 2017)