Pubblicato il: 14/06/2018   

All’inizio dell’anno è stato pubblicato il nuovo “Codice della protezione civile” con il D.lgs. n.1 del 2 gennaio 2018. Precedentemente il Servizio Nazionale di protezione civile era regolato dalla Legge 225 del 1992.

La legge del 1992 era stata fortemente voluta dall’On. Zamberletti che aveva svolto il compito di Commissario Straordinario nel Terremoto del Friuli del 1976. La legge arrivava in porto allora dopo 12 anni di discussioni e ripensamenti e dopo che nel frattempo diverse emergenze avevano messo in luce gravi disfunzioni nella gestione centralistica delle emergenze. È rimasto storico l’intervento dell’allora Presidente delle Repubblica Sandro Pertini con un messaggio alle Camere ma anche ai cittadini tramite un intervento in televisione a seguito delle disfunzioni durante l’emergenza del terremoto dell’Irpinia del 1980.

Un precedente fatto storico aveva segnato in modo profondo la discussione sul tipo di organizzazione da dare alla protezione civile in Italia: l’alluvione di Firenze del 1966. In quella occasione parecchi studenti italiani si sono autonomamente e spontaneamente mobilitati per portare soccorso alla città ricca di monumenti e beni culturali, furono definiti “gli angeli del fango”. Tanta abnegazione era però priva di organizzazione e di direzione operativa col rischio di aggravare i problemi di gestione dell’emergenza. Anche durante il terremoto del Friuli fu significativa la presenza del volontariato nei soccorsi, ma questa volta era più strutturato e organizzato in associazioni come ad esempio l’Associazione Nazionale Alpini (ANA) che da allora ha continuato con grande professionalità gli interventi in tutte le successive emergenze.

Gli avvenimenti hanno spinto quindi il “padre della protezione civile”, l’On. Zamberletti ha insistere e ha ottenere nella L. 225/1996 che la protezione civile in Italia fosse concepita come un servizio pubblico e non come un corpo specifico dello Stato, con il coinvolgimento di diversi soggetti sia gestionali che operativi. Un modello diverso sia di quello francese, centralistico di uno specifico corpo statale che di quello tedesco basato invece su una forte presenza di volontariato. In Italia la protezione civile è nata e continua a essere definita nel nuovo codice come un “Sistema” che coordina diverse competenze in caso di necessità. Un ruolo particolare è riservato dal punto di vista gestionale ed operativo al Dipartimento Nazionale di Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e operativamente nel primo soccorso tecnico al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

Dal '92 ad oggi sono intervenute diverse modifiche sul piano giuridico amministrativo: dal nuovo ruolo delle regioni, dei comuni e delle province, una nuova suddivisione dei ruoli tra tecnici e politici. Anche la gestione delle varie emergenze che si sono succedute ha messo in evidenza criticità organizzative da affrontare in un'ottica di miglioramento. Non da ultimo la scarsità di risorse economiche disponibili ha inciso anche sul sistema di protezione civile.

Il nuovo Codice della protezione civile prevede uno specifico articolo sulla partecipazione dei cittadini, l’articolo 31. Il primo comma afferma che il Servizio nazionale promuove la crescita della resilienza delle comunità.

Quello della resilienza è un concetto che è entrato nel dibattito in questi ultimi anni, è un concetto derivato dalla fisica dei materiali che descrive le capacità elastiche e di reazione dei materiali che dovrebbe essere applicata anche alle comunità, la capacità cioè di reagire agli eventi eccezionali assorbendo e reagendo in modo positivo. Diversamente dai materiali rigidi (comunità poco flessibili) che superato il punto di resistenza si rompono e non si possono reintegrare facilmente o da materiali plastici (comunità poco strutturate) che subiscono i cambiamenti in modo permanente senza reazione.

Al secondo comma si sottolinea la necessità di formare e informare la popolazione sui rischi. Sempre al secondo comma si definisce però anche un nuovo concetto: le comunità in occasione delle emergenze “hanno il dovere di ottemperare alle disposizioni impartite dalle autorità di protezione civile in coerenza con quanto previsto negli strumenti di pianificazione.” Per la prima volta viene introdotto il concetto di “dovere” dei cittadini anche durante l’emergenza e non solo quello dei diritti.

Il terzo comma chiarisce che i cittadini possono concorrere allo svolgimento delle attività di protezione civile in due modi: aderendo alle organizzazioni di volontariato che ne curano la formazione e l’addestramento, ma anche negli interventi diretti “riferiti al proprio ambito personale, famigliare o di prossimità” Quindi, se da una parte non è più tempo di “angeli del fango”, il cittadino in caso di emergenza deve mettere in atto i comportamenti indicati dalle autorità di protezione civile e può adoperarsi per mettersi in sicurezza autonomamente e portare soccorso ai propri famigliare e vicini.

È inoltre utile sapere che si può consultare il Piano d’emergenza comunale nell'apposita sezione del sito "Aree Tematiche - Sciurezza e Viabilità - Protezione Civile - Documenti".

È inoltre disponibile un applicativo denominato “protezione civile Lombardia” da installare sul proprio smartphone che permette ai cittadini di essere informati in tempo reale sui comunicati di allertamento emessi dalla Regione Lombardia.

In emergenza la nuova parola d’ordine dovrà essere: “cittadini informati, comunità resiliente”.